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L'importanza della scuola e della famiglia

La famiglia è la sede prima dell’educazione dei bambini. La scuola dell’infanzia, però, è un aiuto prezioso per sviluppare in modo globale ed equilibrato la personalità dei bambini.

1. L'importanza della scuola e della famiglia

In che modo la scuola aiuta il bambino?

Favorisce l’incontro e la conoscenza degli altri bambini in modo durevole. Ciò permette di prendere coscienza che esistono anche gli altri, con diritti che vanno rispettati, con differenze corporee e di carattere, con modi di fare che richiedono collaborazione, pazienza o disponibilità all’aiuto. Inoltre vivere insieme significa dover fare i conti con qualche regola ( “una volta a me, e una a te…”, “dividiamo in parti uguali……”) e quindi imparare a “stare insieme” per essere meno egocentrici. Nella scuola materna il bambino vive, a contatto e in un confronto diretto con gli altri, una moltiplicazione di esperienze che facilitano il controllo della sua onnipotenza (la tendenza a considerarsi il solo bambino al mondo, come se tutto dovesse girare attorno a sé). Ecco allora l’utilità della scuola dell’infanzia per ogni bambino: la possibilità di crescere con gli altri e di vedere l’altro come arricchimento, come “strumento” di differenziazione, come occasione di gioco, ma anche come compagno per conoscere la realtà.

Favorisce il relazionarsi con adulti (le insegnanti, la direttrice, altri papà e mamme) che possono avere caratteristiche anche assai diverse da quelle dei genitori. Questa esperienza aiuta i bambini a farsi un’idea di adulto più generale e più articolata, e dà l’opportunità di stabilire nuovi rapporti, con un arricchimento complessivo a livello relazionale - affettivo.

Frequentando la scuola dell’infanzia i bambini hanno la possibilità di incontrare e vivere un ambiente diverso rispetto alla loro casa, appositamente pensato per loro. In questo modo possono avere degli stimoli su misura e possono mettere a confronto due ambienti (la casa e la scuola dell’infanzia) che sono diversi sia da un punto di vista edilizio, che per quanto riguarda le attrezzature, gli oggetti ed il “clima” affettivo che in essi regna. Tutto questo permette ai bambini di capire meglio ciò che li circonda e li aiuta a cogliere i molti aspetti della realtà, perché le differenze spingono a riflettere.

L’ambiente educativo: la scuola dell’infanzia è un luogo in cui i bambini possono divertirsi e svolgere attività finalizzate a favorire lo sviluppo delle abilità motorie, della fantasia, del linguaggio, del ragionamento, della comprensione dei rapporti spaziali/temporali/causali, della motricità fine, della simbolizzazione, oltre che promuovere la socializzazione. L’ambiente della scuola dell’infanzia è un luogo educativo in quanto in esso il bambino si sviluppa in modo integrale ed armonico, trova le prime risposte alla voglia di imparare, di stare con gli altri, di comunicare e di partecipare. La scuola dell’infanzia prepara il bambino alla scuola primaria e fornisce i “prerequisiti” che avranno poi un ruolo essenziale per gli apprendimenti che il bambino affronterà nel successivo grado scolastico.

La scuola dell’infanzia risponde ai seguenti bisogni del bambino attraverso la preparazione professionale delle insegnanti:

-  passaggio dall’onnipotenza all’autostima, necessaria per stare con gli altri.

- controllo dei desideri, ottenuto sviluppando la capacità dell’attesa, della condivisione e l’acquisizione della dimensione del tempo e dello spazio, con l’idea di limite che ad essi si lega.

- conoscenza del proprio corpo e di quello degli altri, per una comprensione delle differenze e per il rispetto di sé stessi e degli altri.

- conoscenza di Sé, della Natura (mondo), della Società (gli altri), del Mistero (e nel mistero si colloca Dio: il “personaggio” che risponde sempre a un perché, che si nasconde, ma esiste…).

- esplorazione del mondo, grazie alla curiosità e alla creatività.

Il bambino scopre continuamente il nuovo, purché sia radicato sulle sicurezze del proprio sé e del nucleo di appartenenza (famiglia innanzitutto e poi scuola)

 

2.  L'importanza nel seguire un percorso uniforme tra scuola e famiglia

Legame tra bambini e adulti.

I bambini hanno bisogno degli adulti, è indispensabile che si instauri un forte legame.

Il primo legame affettivo è costituito dal rapporto fisico-corporeo, e successivamente con l’entrata alla scuola dell’infanzia il bambino passa gradualmente a comunicare dal linguaggio del corpo al linguaggio verbale.

Il primo approccio con la scuola segna il distacco dalla figura materna. È importante che, dalla prima infanzia fino alla pre-adolescenza, scuola e famiglia si pongano obiettivi comuni e assumano atteggiamenti coerenti.

Da non sottovalutare l’importanza delle azioni anche più semplici, il controllo sfinterico, le modalità di alimentazione, e l’alternanza dell’ascoltare e del parlare (c’è un tempo per ascoltare e un tempo per parlare).
Il rapporto adulto-bambino con l’avanzare della crescita è sempre meno legato alla fisicità, ragion per cui la crescita non deve essere accelerata, ma risultare armonica secondo alcune regole; poche ma quelle dettate dall’adulto devono essere rispettate.

 

Conoscenza del bambino da parte della famiglia e della scuola

La famiglia e la scuola vedono il bambino in modo differente, per il diverso contesto ambientale in cui il bambino agisce, la diversa predisposizione psicologica di chi lo osserva e la diversa funzione educativa.

I due aspetti sono complementari, quindi è indispensabile un rapporto stretto tra scuola e famiglia, specialmente nella fase infanzia/pre-adolescenza, con la consapevolezza che la personalità del bambino si manifesta molto presto e l’espressione della stessa cambia in relazione agli ambienti educativi di riferimento.

Aggiungo, che la comunanza scuola e famiglia è indispensabile fin dalla prima infanzia.

Quali sono i fini dell’educazione?

  • Star bene con gli altri

  • Sviluppare le proprie potenzialità

  • Acquisire progressivamente maggior autonomia

  • Divenire consapevole di sé stesso

  • Delineare un progetto di vita

 

Da parte dei genitori viene delineato talvolta troppo precocemente un progetto di vita, cui si sacrificano o si subordinano gli altri obiettivi inerenti allo sviluppo della personalità.

Da parte della scuola a sua volta, precoci valutazioni sia in positivo che in negativo, queste possono incidere negativamente sullo sviluppo della personalità del bambino.

 

Punti di riferimento essenziali in campo educativo

  • Conoscenza

  • Autonomia

 

In molti bambini non si manifesta il desiderio di sapere e quindi di soddisfare il bisogno cognitivo. La curiosità è la molla verso la conoscenza, questa viene spesso velocemente bruciata e sostituita da una nuova curiosità effimera, troppi giochi, giochi inadeguati per l’età che non portano il bambino a conoscere. Quindi è meglio far agire il bambino attraverso l’esperienza educativa vissuta piuttosto che una curiosità passeggera a cui si accompagna il rifiuto della fatica. Per esempio è meglio lasciare il bambino libero di scoprire nuove cose direttamente sulla propria pelle quindi con le proprie fatiche, piuttosto che facilitargli il compito o sostituirci a lui.

La famiglia e la scuola devono evitare conflitti, perché entrambi agiscono per il bene del bambino. Une delega educativa da parte della famiglia alla scuola è segno di insicurezza da parte dei genitori.

La coerenza nasce dal dialogo e dalla collaborazione, per questo la scuola si avvale del patto di corresponsabilità educativa che è stato letto a tutti i genitori e firmato dal presidente a inizio dell’anno scolastico e che ripropongo in questa sede. (lettura patto)

 

3. Anticipo scolastico nel rispetto dei tempi del bambino

La legge 53/2003 ha introdotto la possibilità di iscrivere alla prima primaria i bambini di 5 anni e mezzo, basta che compiano i 6 anni entro il 30 aprile dell’anno scolastico di riferimento.

Anticipare o no è, dunque, l’amletica questione sulla quale si trovano a riflettere i genitori di bambini nati nei primi mesi dell’anno.

Nel meridione d’Italia, quella dell’anticipo scolastico è, in alcuni casi, una sorta di abitudine famigliare. Il buffo è che, in altri paesi, ad esempio negli Stati Uniti, dove la scuola è da subito molto competitiva e determina in buona parte anche il percorso scolastico successivo, molti genitori fanno il contrario di quelli italiani, ossia posticipano volutamente i figli in modo che questi, essendo più maturi, inizino il percorso scolastico con il piede giusto.

Chi inizia a studiare quando ha un grado di maturità e di sviluppo superiore gode di un vantaggio accademico che si porterà dietro negli anni.

La prova che non tutti i bambini sono pronti per una scolarizzazione anticipata è data dalla recente impennata di diagnosi (errate) di DSA, ossia di disturbi dell’apprendimento (dislessia, disgrafia, disortografia). Almeno il 3% dei bambini anticipatari vive un disagio generalizzato che spesso viene letto come un disturbo intellettivo, mentre è spesso solo una questione di maturità. Inoltre, dalle rilevazioni OCSE – PISA emerge che gli anticipatari faticano più dei loro compagni che hanno l’età “giusta” (S. Intravaia, L’Italia che va a scuola, Bari, Laterza, 2012, p. 52). Chi sceglie di mandare il proprio figlio alla scuola primaria in anticipo, e, dunque, a cinque anni e mezzo, lo fa in genere perché ritiene che il bambino sia intellettualmente pronto: magari è già capace di leggere e scrivere, sia pur in modo limitato, e si dimostra interessato e curioso. A volte, invece, l’intenzione di anticipare è solo il sintomo del fatto che i genitori tendono a sopravvalutare i propri figli.

Anzitutto è bene sapere che la possibilità di anticipo scolastico è stata ampliata in modo indiscriminato senza modificare i programmi e l’approccio didattico in funzione dell’età dei bambini. Tenuto conto di ciò, viene quindi spontaneo domandarsi quale sia l’età “giusta” per iniziare la scuola primaria. 

Per esperienza personale posso assicurare che è possibile insegnare ad un bambino di poco più di 2 anni a riconoscere tutte le lettere dell’alfabeto in stampato maiuscolo. Ma questo non vuol dire che lo stesso bambino sia più pronto di altri ad andare a scuola con anticipo.

Non si tratta, infatti, solo di leggere e scrivere: la scuola richiede attenzione, concentrazione e rispetto delle regole e del gruppo.

I bambini in età prescolare si distraggono facilmente ed é quindi difficile far fare loro una attività in modo continuato.

Ovviamente non sempre i bambini più grandi sono più maturi: a volte sei mesi sono tanti, a volte non significano nulla, dipende dalla genetica, dalla cultura famigliare, dalle esperienze pregresse. Una bambina più matura ha più capacità di concentrazione, ha una maggiore resistenza a stare seduta a tavolino e avrà, quindi, più possibilità di essere lodata dai suoi docenti. Questo rinforzo positivo è importante per l’idea che coltiva di se stessa e, a lungo andare, favorisce il successo nello studio. Insomma, il fattore maturità emotiva è particolarmente rilevante all’inizio del percorso scolastico.

I bambini di oggi sono molto più svegli di quelli di ieri ma, spesso, anche molto meno autonomi perché vengono anticipati da noi adulti che provvediamo a tutti i loro bisogni. Insomma, il genitore non dovrebbe entusiasmarsi se suo figlio sa scrivere il suo nome, ma valutare più oggettivamente il suo comportamento complessivo.

Come? Un buon punto di partenza è valutare obiettivamente quanto è autonomo nel fare le cose. Un bambino pronto per la scuola dovrebbe essere anche in grado di tenere a posto i suoi giochi, ricordarsi dove ha messo le scarpe o narrare  verbalmente un avvenimento vissuto in modo che sia comprensibile ad altri.

In fondo, se uno vede che un figlio o una figlia è ancora poco capace di concentrarsi a lungo su una sola cosa, dovrebbe pensare che questo è il segnale che non ha ancora acquisito le abilità indispensabili per anticipare. Allora, invece di anticipare inutilmente l’entrata a scuola è meglio offrire al bambino altre esperienze che lo coinvolgano. Ad esempio fargli sperimentare, attraverso il gioco, un’altra lingua, magari anche attraverso una persona terza rispetto alla famiglia o cercare di farlo avvicinare alla musica in modo ludico. Insomma, meglio arrivare bene che arrivare primi!

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